5.06.2021

RITA MARTIN: OMBRE, LA SERA, LA SOLITUDINE NON È COSA COSI TERRIBILE, TU, ESSERE

Traduzione Marcela Filippi Plaza
Pubblicato in Buena Letra 2


OMBRE
Questa casa in penombra, chi accoglie?
Ho sentito i suoi morti avvicinarsi
con pietre nelle mani e uno spavento nell’anima. Il silenzio. Le mura gravitano.
Gli spiriti svaniscono. L’invisibile. Smorfie degl’istinti: pianto.
Li scongiuro.
Da questo sentiero entra la pace manifesta? La casa li accoglie.

LA SERA
Lento è il passo che cade durante la sera sullo sguardo delle cose:
la pioggia ha iniziato il notturno compito: l’amore si muove, si desidera:
aperte le finestre nessuno sa
se il raggio entra o va via, chi lo sostiene?: il patio ingoia l’inanità
e non ottiene la vera la forma:
Cos’è questa solitudine se non si colma?
Cos’è questa lucernario se non attenua la diffusione
[della luce?
Cos’è questo presentire se non si mostra? Lontano, molto lontano, dentro, molto dentro: la voce è il silenzio di una foglia.

No, la solitudine non è cosa così terribile. Accade che, lentamente,
supplichi un numero comunicante e nessuno, nessuno ti risponde.
Ma non è cosa così terribile la solitudine: in lei hai ascoltato la musica più limpida, la serenità propria della tristezza.
Chi lo sa se hai, perfino, sentito
la felicità grazie a quel verso che segnala il passaggio ancora non rivelato
o, più semplicemente, la parola sia riuscita ad esprimere l’idea che ti fa stare
in silenzio, assente
sul punto di scappare o la fuga.
Cosa così terribile non è la solitudine.
Non può essere, attraverso lei hai percepito la pace
di una vita, la tua,
in perfetta tensione, quasi scoppiando. La solitudine ti salva.
La solitudine non è cosa così terribile. Esigi soltanto il ritorno al concreto.
Non puoi soltanto avere nostalgia del carosello del poeta folle, folle.
Soltanto desideri il riso e l’azione.
Eche soltanto chiedi come sei giunto fin qui e ascolti le frasi
di un giorno lontano. Soltanto mormori
dentro la morte e sorridi.

TU
Nell’assurdo sentiero
tu, camminante, sei polvere.
Non ritornare da quel viaggio, no, non ritornare, anche se le voci
ricordino i tuoi
palpitando nel bosco inesistente.
Tutto il resto lo sapevi già
nel scegliere l’addio come testimone. 
Come un bambino hai cominciato la festa delle maschere
e pur non sapendo
mormori: per chi sono state scritte le poesie che il poeta ha ascoltato?
In quali argomenti risultano dimenticate?
Quale pergamena li contiene
se la morte, sapiente, li conquista?

Essere
La tua vita non è altro che quel filo strappato. 
La tua vita non è altro che quel filo. La tua vita non è altro
che quel. La tua vita non è altro. che. La tua vita non è altro.
La tua vita non è. La tua vita non. La tua vita.
Te, che non conosco
e col quale vago per la terra ferisci le ore in cui sono stata come se qualche volta
avessi compreso l’oscuro canto
della donna che solitaria si abbandona. Come se qualche. Come se.
Come.



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